Prime Esperienze
La signora delle pulizie
di PaoloSC
09.03.2024 |
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"Quando arrivava, apriva lo sportello, toglieva le scarpe (o gli stivali) ed infilava le ciabatte..."
Un racconto autobiografico, ambientato nei primi anni '70.Il personaggio sarà probabilmente passato a miglior vita, visto che oggi avrebbe quasi un centinaio di anni, ma il suo ricordo è ancora indelebilmente fissato nella mia memoria.
La Signora delle Pulizie.
Primi anni ’70.
La nostra tata storica, colei che aveva cresciuto la sorellina e viziato la sorella più piccola era andata via per sposarsi. Mia mamma entrò in crisi, perché con il lavoro a tempo quasi pieno (insegnante e ripetizioni) non aveva certo tempo di badare alla casa. Mia sorella piccola aveva otto o nove anni, la grande una quindicina, forse sedici e non erano in grado di certo di alleviarle la fatica.
Io, pur essendo il maggiore, non ero di alcun aiuto se non quello di badare alla piccolina quando la mediana usciva con le amiche.
Da questa situazione avevo guadagnato la mia stanza da letto ed il mio bagno privato, recuperando quella della tata, ma in cambio avevo dovuto iniziare a pensare a rifarmi il letto e, un paio di volte a settimana, a passare l’aspirapolvere ed il battitappeto sulla moquette; però, non dovevo più condividere la mia vita con le sorelle, il che era anche un bene visto che normalmente si coalizzavano contro di me. Ottenni anche l’uso dello studio di papà e mamma quando non c’erano lezioni private per poter fare i compiti.
Poi, dopo qualche tempo arrivò in casa una signora, credo sulla trentina o poco più, ma che a me sedicenne sembrava grande, quasi anziana, seppur di certo più giovane di mia mamma che all’epoca aveva da poco superato i quaranta.
Bionda, non troppo alta ma con un bel fisico, aveva portato con sé una sorta di abito da lavoro che teneva dentro un armadio in corridoio, accanto al mio armadio.
Quando arrivava, apriva lo sportello, toglieva le scarpe (o gli stivali) ed infilava le ciabatte. Poi entrava in camera mia e si cambiava, infilando quella sorta di chemisier in tessuto scozzese, corto sopra al ginocchio e con una scollatura a V abbastanza profonda da mostrare la riga del seno. Quindi riponeva i suoi abiti su una stampella dentro all’armadio ed iniziava a fare le pulizie.
A scuola ogni tanto mi toccavano dei turni pomeridiani e quindi rimanevo a casa la mattina per qualche settimana. In quelle occasioni mamma avvisava la donna di venire un po’ più tardi per darmi modo di alzarmi e vestirmi con comodo.
In una di quelle occasioni capitò che la scuola decide praticamente da un giorno all’altro di cambiare il turno avvisando i genitori solo il giorno prima. Per me non era un problema, andavo e tornavo a piedi, ma per mamma e papà significava dover organizzare qualcosa per il pranzo per me, visto che alle 14:30 dovevo essere in classe e mamma rientrava a casa solo alle 14:15 dopo aver recuperato le due sorelle.
Sta di fatto che quel giorno non fece in tempo e lasciò un biglietto scritto alla signora Vanda chiedendole di prepararmi un piatto di spaghetti e di friggermi una cotoletta ed un piatto di patatine.
Visto che avevo fatto i compiti regolarmente il pomeriggio prima, quella mattina non avevo proprio nulla da fare e ne approfittai per rimanere a letto a leggere il catalogo Postal Market su cui migliaia di miei coetanei hanno versato stille di sperma sulle foto delle modelle in intimo trasparente.
E approfittai della cosa per spogliarmi nudo e mettermi sotto le coperte a segarmi come un assatanato.
Non sentii la donna entrare in casa con le chiavi se non quando bussò alla porta prima di aprirla. Feci appena in tempo a nascondere il catalogo e il mio cazzo ritto sotto le coperte, rosso per la vergogna.
Vanda si accorse subito della cosa, ma non disse nulla se non “Non ti preoccupare, mi cambio nel tuo bagno, tu resta pure a letto”. Il mio bagno era in stanza e vi si accedeva con una porta che si apriva verso l’esterno.
Era molto piccolo, in pratica lo spazio per la vasca piccola, la tazza ed il lavandino.
Vanda prese la sua tenuta da lavoro ed entrò in bagno, chiudendo la porta dietro di sé. Non c’era chiave, mi era stata tolta per evitare che mi chiudessi dentro troppo a lungo.
Mi alzai subito dal letto e mi misi a osservare dal buco della serratura. La vidi togliersi la gonna e la camicetta con cui era venuta, rimanere per qualche momento in slip e reggiseno, ed infilarsi il solito camicione da lavoro.
Volevo evitare di essere beccato così mi girai e feci per rimettermi a letto ma non feci in tempo e venni beccato da Vanda che aprì la porta di scatto senza darmi tempo di coprirmi.
“Che fai nudo? Dai, vatti a lavare e vestire” mi disse, non senza soffermarsi per un attimo sulla mia evidente erezione.
Balbettai qualcosa poi, con un coraggio insospettabile, le dissi: “Vado, ma il bagno me lo fai tu. Ok?”.
Credevo che mi avrebbe rifilato un ceffone urlando, invece mi rispose: “Va bene, inizia ad andare in bagno, apri l’acqua e riempi la vasca che arrivo”.
Era talmente assurda la cosa che io per primo non vi credetti.
“Si, lo so, ora io vado di là e tu non vieni!” le dissi quasi piagnucolando.
“Tu inizia ad andare, ora vengo” e mi spedì nel bagno.
Aprii l’acqua e mi misi seduto ad aspettare.
Dopo qualche tempo arrivò, entrò in bagno e si mise in ginocchio accanto alla vasca.
“Allora, dai, sbrighiamoci che c’ho da fare, dai!” e prese la spugna ed il sapone ed iniziò ad insaponarmi il tronco, il collo, la schiena, le ascelle.
“Dai solleva questa gamba” mi disse facendomi alzare la gamba destra poggiandola sul bordo della vasca. Me la insaponò partendo dai piedi e poi salendo fino alle cosce. “Dai, l’altra, tirala su!” e mi fece lo stesso servizio all’altra.
“Dai alzati, ora.” Mi sollevai in piedi e riprese a lavarmi le parti omesse: fondo schiena, cosce, chiappe, la pancia ed il pube.
“Dai, allarga le gambe” e mi passò la spugna in mezzo alle gambe, poi con le dita insaponò per bene il solco percorrendolo fino all’ano ove si soffermò un momento. Poi riprese con la spugna ad insaponare per bene le palle e, alla fine, il mio pisello sempre duro e dritto.
“Per essere giovane sei ben messo!” disse a bassissima voce, quasi non volesse farmi capire.
Prese quindi il telefono della doccia, aprì l’acqua ed iniziò sciacquarmi, stavolta con le mani.
Andò tutto bene fino a quando saltò il pisello che era rimasto con il sapone sulla cappella.
“E qui non sciacqui?” le chiesi.
“Fallo tu” mi rispose un po’ seccamente.
Le presi con irruenza il telefono dalle mani, ma nel farlo lo rivolsi inavvertitamente verso di lei, bagnandole il petto ed il vestito fino alla vita.
“Guarda che hai fatto!” mi disse strappandomi di mano lo schizzetto, incerta se ridere o incazzarsi di brutto.
“Ora lo dico a tua madre!”
Il gelo.
In tre secondi l’erezione scomparve e mi misi seduto dentro la vasca con la testa china, mogio mogio per essere stato sgridato così.
Stavo sciacquandomi il pisello cercando di scappellarlo per pulirlo dentro, ma purtroppo il mio prepuzio non era ancora completamente abituato e faticavo a farlo scorrere sotto il glande anche da moscio.
Nel frattempo, Vanda si sfilò il vestito rimanendo in mutande e reggiseno. Indossava un reggiseno bianco di tessuto molto leggero, quasi tulle, con un fiore ricamato che copriva il capezzolo. Lo slip coordinato, era totalmente trasparente di dietro e semi trasparente davanti, nascondendo a mala pena un triangolo di peli scuri che quasi uscivano dai lati e dal bordo.
“Dai, stai buono, ci penso io” mi disse togliendomi le mani e sciacquandomi il pisello con un po’ d’acqua raccolta dalla vasca. Per farlo, lo prese con la sinistra e lo tirò in basso per avvicinarlo all’acqua, poi lo risollevò per osservare meglio.
“Ma non ti hanno detto che devi fare gli esercizi con la pelle?” mi chiese. Si era accorta del mio problema: il medico mi aveva raccomandato di scappellare per bene la testa, lavarlo con attenzione e cura e tenere il prepuzio tirato in basso.
“Si, ma non è che ci riesca molto bene. Forse non ho capito come devo fare” risposi barando. Era solo una questione di paura di provare dolore.
“Dai, te lo mostro io” mi disse. E prese il mio pisello, nel frattempo ringalluzzito, e tirò giù delicatamente ma fermamente il prepuzio.
“Ecco, vedi come si fa?” mi disse mostrandomi come tenerlo sotto il glande con due dita.
“Ma fa un po’ male!” le dissi. E non scherzavo.
“Allora devi fare così. Ora lo laviamo, poi dopo, quando ti asciughi ti faccio vedere come fare con la crema” mi disse indicandomi una scatoletta di Nivea che probabilmente aveva portato Vanda per mettersela sulle mani dopo aver lavorato.
Mi finì di sciacquare, mi fece un rapido shampoo e poi, dopo aver preso il telo da bagno, me lo porse aperto e mi disse “Dai, esci dalla vasca e asciughiamoci” avvolgendomi tutto.
Frizionò intensamente la schiena, poi il petto, quindi me lo tolse e, sedendosi sulla tazza con me davanti, terminò di asciugarmi tutto.
Poi, prese la scatola di Nivea e l’aprì, prese il pisello ed iniziò a scappellarlo. Era ancora moscio, e vi riuscì abbastanza facilmente, ma già dopo qualche secondo era di nuovo dritto e duro.
Prese con due dita un po’ di crema mentre con l’altra mano teneva il prepuzio abbassato e la passò tutto attorno al glande. Poi lasciò andare su la pelle per riabbassarla più volte, sempre più in basso e facendo pressione con il palmo chiuso.
Inutile dire che durai pochissimo. Ebbi un orgasmo che produsse una breve ma intensa eiaculazione. Non era la prima sega, forse me ne ero sparate altre due su Postal Market quella mattina.
Vanda un po’arrossì, ma poi continuò a fare su e giù con la mano, lentamente, facendo finta di nulla.
Dopo una ventina di volte, ritirò su il prepuzio, lo stese in modo da non lasciare aderenze sul glande e si girò per lavarsi le mani.
Alla vista del suo culo attraverso la parte posteriore degli slip ebbi un’altra contrazione. Stavo per toccarlo quando lei, con voce severa, si girò e mi disse: “Non ci provare. E sappilo: questa è la prima ed ultima volta che ti tocco, chiaro?”.
Arrossii e attesi che uscisse dal bagno.
Uscii anch’io e mi vestii senza fare un fiato, presi qualche libro ed andai a leggere in studio.
Dopo qualche tempo venne a chiamarmi.
“Paolo, è pronto il pranzo. Sbrigati, devo andare via di corsa.” mi disse.
Andai in cucina dove aveva apparecchiato. C’era un piatto di pasta al pomodoro, una cotoletta abbrustolita e un po’ di patatine fritte.
Mi misi a mangiare quando venne da me a salutarmi.
“Non so se ci vedremo più. Dì a tua mamma che la chiamo stasera. Lascio qui le chiavi di casa”.
Non so se fu per quello che feci o se c’erano altri motivi, sta di fatto che Vanda ci lasciò e fu sostituita da una signora molto più anziana.
Resta il ricordo di quella giornata strana, intensa che sarebbe rimasta per sempre dentro di me.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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